Presentazione del libro “Sylvano Bussotti e l’opera geniale”.

autore Renzo Cresti
Maschietto Editore 2021

sabato 25 settembre 2021
presentazione del libro al Teatro del Maggio

un estratto:

…Vi è un pittore quasi mai citato nei saggi che parlano di Bussotti, che ha però un rilievo particolare, sia perché costantemente ispirato dalla musica sia per il suo stile visionario, basato su un impeto amoroso e incantatore, che si avvicina a quello di Bussotti. Fiorentino come lui, gli era legato da un rapporto di amicizia: si tratta di Giuliano Pini (1935-2017).141 I due hanno collaborato diverse volte negli anni Ottanta e, in seguito, hanno organizzato degli incontri presso la Scuola di Musica di Fiesole, in cui Bussotti era docente di Analisi e composizione (a Fiesole dedicherà il “poema per orchestra” H III — Fiesole un poema giovanile” — Tragico del 1984). Un momento saliente del loro incontro artistico fu la mostra, allestita al Palazzo dei Diamanti di Ferrara nel 1982, L’edificio del sogno, l’opera incantatrice di Richard Wagner. Nel catalogo si trova anche un lungo scritto di Bussotti, poi riportato nel libro I miei teatri (p. 147 e sgg.). Nel settembre del 1988 Bussotti invitò Pini alla Biennale di Venezia, che dirigeva: avrebbe dovuto realizzare i costumi per il dramma Los Reyes,t Julio Cortàzar, con musiche di Philippe Fenelon. Il dramma era una rivisitazione del mito del Minotauro e del labirinto. “Mi sembrano tutte cose nate per le tue splendide e fastose fantasie”, scriveva Sylvano in una lettera a Pini dell’8 settembre 1988. Nel marzo dell’anno successivo Bussotti, però, fu costretto a cancellare l’opera dalla programmazione per mancanza di fondi….

Come Bussotti, anche Pini possiede quel tratto, quasi botticelliano, che è facilmente riconducibile alla grande tradizione umanistico rinascimentale fiorentina, con punte manieristiche in Bussotti e michelangiolesche in Pini. Entrambi riescono a esprimere una forza vitale, una sacralità nei confronti dell’uomo che sembra rimandare alla tragedia antica (come in La danza di Minosse, olio su tavola del 1990, di Pini). Vi è un fuoco erotico che avvolge le figure, le rende dinamiche e le sublima, come nel ciclo sul flamenco e su Antonio Gades. Il tema romantico dei contrasti Eros kai Thématos si lega contemporaneamente al destino e alla forza dell’uomo. I quadri di Pini sembrano tutti delle scenografie, dei bozzetti di scena, e gli abiti, sopra poderosi corpi ignudi, sono fantastici, ma lasciano intravedere muscoli e sesso (Lo specchio di Klingsor, olio su tavola del 1984). Le grandi tavole di Pini creano tensioni e risoluzioni, oppure turbamenti che non si stemperano. Nottetempo, olio su tavola del 1982, che rimanda a un titolo bussottiano, evoca il silenzio e si compie con gesti allusivi e segreti, verso il mistero dell’essere. In un idem sentire, Bussotti e Pini aspirano a una trascendenza che non trascende, a una sublimazione della pagina opulenta e sontuosa, alla trasfigurazione di suggestioni liberty, di linee ondulate e flessibili, nelle pieghe delle quali esplode l’amor vita, compagno inseparabile dell’ amor fati. L’opera abbraccia colui che l’accoglie, possiede l’artista, e incanala la sua febbrile attività verso l’universalità del mito o del sogno o del delirio: “Parlo di Pini, perché vorrei teorizzare sulla pienezza del disegno sonoro — scrive Bussotti ne I miei teatri — Giuliano possiede uno stile desueto del tutto, manierista e distante. Nel disegno intitolato Fiorite ghirlande, Giuliano Pini nasconde, appena dietro il dono di delicati grappoli, ghirlande di bacche, foglioline, acini, pampini, denuda e svela immagini di conoscenza, quasi serenità secolare. […] L’amplesso è tutto nel sapersi forza vitale che alla fonte di vita si abbevera”. Bussotti sa che parlando di Pini parla anche di se stesso. “Questa mia costante di interessi umanistici, nati insieme alla mia fanciullezza, ‘dispersi’ verso la musica e le arti figurative, la poesia etc., dovrebbe stare a dimostrare una sorta di fede, romantica (se vuoi) e incrollabile che non mi ha mai lasciato, la fede nel mondo”.1″ La dispersione a cui accenna Bussotti coglie un aspetto problematico, quello del dilettantismo, accusa ripetutamente rivolta a tutti quegli artisti che s’interessano a molte discipline. Bussotti grafico, costumista, scenografo, regista di se stesso, compositore, librettista, polemista, pedòrmer e pianista, direttore artistico, organizzatore, uomo politico e impegnato nei diritti dei gay… certamente è difficile far benissimo tutto ma…

Come Bussotti, anche Pini possiede quel tratto, quasi botticelliano, che è facilmente riconducibile alla grande tradizione umanistico rinascimentale fiorentina, con punte manieristiche in Bussotti e michelangiolesche in Pini. Entrambi riescono a esprimere una forza vitale, una sacralità nei confronti dell’uomo che sembra rimandare alla tragedia antica (come in La danza di Minosse, olio su tavola del 1990, di Pini). Vi è un fuoco erotico che avvolge le figure, le rende dinamiche e le sublima, come nel ciclo sul flamenco e su Antonio Gades. Il tema romantico dei contrasti Eros kai Thématos si lega contemporaneamente al destino e alla forza dell’uomo. I quadri di Pini sembrano tutti delle scenografie, dei bozzetti di scena, e gli abiti, sopra poderosi corpi ignudi, sono fantastici, ma lasciano intravedere muscoli e sesso (Lo specchio di Klingsor, olio su tavola del 1984). Le grandi tavole di Pini creano tensioni e risoluzioni, oppure turbamenti che non si stemperano. Nottetempo, olio su tavola del 1982, che rimanda a un titolo bussottiano, evoca il silenzio e si compie con gesti allusivi e segreti, verso il mistero dell’essere. In un idem sentire, Bussotti e Pini aspirano a una trascendenza che non trascende, a una sublimazione della pagina opulenta e sontuosa, alla trasfigurazione di suggestioni liberty, di linee ondulate e flessibili, nelle pieghe delle quali esplode l’amor vita, compagno inseparabile dell’ amor fati. L’opera abbraccia colui che l’accoglie, possiede l’artista, e incanala la sua febbrile attività verso l’universalità del mito o del sogno o del delirio: “Parlo di Pini, perché vorrei teorizzare sulla pienezza del disegno sonoro — scrive Bussotti ne I miei teatri — Giuliano possiede uno stile desueto del tutto, manierista e distante. Nel disegno intitolato Fiorite ghirlande, Giuliano Pini nasconde, appena dietro il dono di delicati grappoli, ghirlande di bacche, foglioline, acini, pampini, denuda e svela immagini di conoscenza, quasi serenità secolare. […] L’amplesso è tutto nel sapersi forza vitale che alla fonte di vita si abbevera”. Bussotti sa che parlando di Pini parla anche di se stesso. “Questa mia costante di interessi umanistici, nati insieme alla mia fanciullezza, ‘dispersi’ verso la musica e le arti figurative, la poesia etc., dovrebbe stare a dimostrare una sorta di fede, romantica (se vuoi) e incrollabile che non mi ha mai lasciato, la fede nel mondo”.1″ La dispersione a cui accenna Bussotti coglie un aspetto problematico, quello del dilettantismo, accusa ripetutamente rivolta a tutti quegli artisti che s’interessano a molte discipline. Bussotti grafico, costumista, scenografo, regista di se stesso, compositore, librettista, polemista, pedòrmer e pianista, direttore artistico, organizzatore, uomo politico e impegnato nei diritti dei gay… certamente è difficile far benissimo tutto ma….

140 Sylvano Bussotti, I miei teatri, cit., pp. 207-208. 141 Per la biografia e per lo stile cfr. AA.VV., Giuliano Pini, L’edificio del sogno e il sogno mediterraneo, Polistampa, Firenze 2012. La lettera citata appartiene ai documenti della moglie Roberta: http:// www.giulianopini.com

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