Alessio Monciatti

“I densi giorni dell’amicizia” catalogo Stamperia EdiGrafica r2b2 Firenze 1997

Collezionista, amatore, mecenate, committente, nessuna di queste parole è adeguata a definire quel personaggio sopra le righe che è Enzo Landi; né i tradizionali rapporti fra gli artisti e i loro estimatori sono in qualche modo equiparabili a quelli che legano Landi a Pini.

I due si conoscono nel 1966 in un’occasione per certi aspetti surreale ma certo rivelatrice delle loro personalità. Pini vive la fase forse più sofferta della sua vita di uomo e di artista. Lavofa in via Magliabechi dove Landi si trova a passare per lavoro e appena vede la Pensione al mare, un quadro pieno di ango­scia ma anche di straordinaria e primordiale potenza, ne rimane subito colpi­to tanto da decideré di comprarlo sebbene il giovane artista si dimostri ben poco interessato. Nonostante questa ritrosia comunque, con l’aiuto della padrona di casa e di una succulenta schiacciata all’uva, Enzo riesce a conosce­re il giovane e a comprare il quadro. Sondi giorni dell’alluvione e la cono­scenza ha subito occasione di diventare amicizia. Dopo che l’Arno ha strari­pato Pini si reca a San Donnino con l’intenzione di aiutare a liberare dal fango la casa del suo nuovo estimatore ma, invece di salvare, sarà lui ad essere salvato. Nasce quindi un’amicizia che dura tuttora e che è stata determinante per quella straordinaria figura di «possessore d’arte» qual’è Enzo Landi.

In lui coabitano il gusto del bello e l’avarizia dell’accaparramento. Il senso contadino dell’accumulo si è unito al piacere aristocratico del rapporto diret­to ed esclusivo con l’opera d’arte custodita nelle mura domestiche. La com­presenza di questi aspetti fa pensare ad un collezionismo neo rinascimentale che, sebbene ispirato da ragioni diverse e spoglio di ogni valenza di status symbol, ha lo stesso significato intimo degli studioli degli umanisti o delle Wunderkammer cinque-seicentesche. Non a caso il Landi, come gli umanisti e i principi che custodivano gelosamente negli armadi dei loro studioli opere d’arte e mirabilia di ogni genere, ama intrattenere gli ospiti, svelando con straordinaria solennità i quadri conservati in ogni dove.

Si va oltre l’idea dell’opera d’arte come bene di prestigio o semplice inve­stimento; l’opera diventa un tutt’uno con chi la possiede che mai se ne sepa­rerebbe come non ci si separa da una parte di noi stessi. In quest’ottica le vie e le consuetudini del mercato tradizionale vanno necessariamente strette al Landi che in qualche modo le forza e trascurando le mode e cercando di contattare direttamente l’artista cui è interessato. Quando gli è possibile, dun­que, compra dall’artista e dell’artista è amico. Il rapporto con Pini è per que­sto emblematico. Sono trent’anni, dagli inizi della sua produzione che Enzo compra e commissiona quadri a Giuliano e tuttora niente sembra saziare questa sua sete di possesso che col tempo è divenuta — mi sia concesso il ter­mine — maniacale. Non potrebbe essere diversamente perché ciò che conta non sono le regole del buon senso o dell’equilibrio, ma quelle della passione infinita che Landi riversa su Pini tanto da perseguire con successo l’obbiettivo di avere opere significative, se non interi cicli, di tutte le fasi della produzione dell’artista.

A monte di tutto ciò sta, insieme all’ammirazione per il pittore, un’amici­zia fraterna consolidata da quell’idem sentire che corre fra le persone unite da un legame di sangue. Non a caso sono i ritratti di Pini che meglio riescono a descrivere le qualità del personaggio Landi. Anche i generi in cui compare sono rivelatori: nei quadri dedicati all’amicizia Landi è sempre presente, assunto come amico per antonomasia, mentre nei ritratti la concentrazione è sull’uomo. In questi è straordinaria la caparbietà del profilo di quest’uomo forte che con le mani ingrossate dal lavoro plasma il pane come fosse un demiurgo sotto la sguardo discreto, ma costante, della moglie e la fedele pre­senza del cane. Ed è su quella «Fortezza» che si fonda la loro amicizia cui, se non altro, dobbiamo da una parte le opere straordinarie di cui si è detto e dal­l’altra una collezione che nel caso di Pini diviene una straordinaria antologia di tutta la sua produzione.

Alessio Monciatti

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