Alessio Monciatti

Comune di Castelfranco di Sopra catalogo mostra agosto 1995

Carissimo Giuliano

Fin da subito ho desiderato scrivere della tua arte che con tanta forza ha segnato la mia immaginazione. Oggi ne ho l’opportunità in occasione dei tuoi sessanta anni, in omaggio ai quali sono lieto di poter esporre alcune considerazioni.

Il viaggio attraverso i grandi cicli è stato seguito e celebrato da penne illustrissime — V. Apuleo, F. Bellonzi, S. Bussotti, E. Carli, D. Micacchi, M. De Micheli, T. Paloscia, D. Pasquali, G. Previtali, C. L. Ragghianti, G. Seveso, F. Solmi, F. Simongini, neanche paragonabili alla modestia della mia, critici che per la loro eterogeneità dimostrano l’universalità della tua pittura.

L’opera d’arte quando è tale — e la tua lo è al massimo livello — non ha comunque bisogno della poeticità, in altri casi falsa e ai limiti della sgrammaticatura, dei critici più spinti, ma di un linguaggio piano che lasci libera l’opera di comunicare. La vera pittura si ha quando accanto ad una specifica manualità che si manifesta nel colore, nel segno e nella forma, si affianca un messaggio. Sono le immagini dell’arte che lo devono comunicare non le parole del critico che aspira al protagonismo e non sa che «vediamo nelle figure molto di più di quanto non possiamo comprendere dalle cose scritte» (Erasmo da Rotterdam).

La coerenza, che De Micheli considera a ragione una grande garanzia, non ha impedito alla tua pittura di passare dalla denuncia sociale de II tempo ha le Mani (1970) vicino alla più spinta Neue Sachlichkeit, ai grandi cicli musicali ispirati prima a Wagner (L’edificio del sogno, 1982) poi al flamenco di Antonio Gades, passando attraverso il Punto da raggiungere del 1979, fino all’avventura ferrarese del 1991.

Se il Punto da raggiungere è stato il momento dell’innalzamento dal sociale all’universale, sono convinto che i silenzi di Ferrara siano stati l’imput per l’ultima tua fase. È rimasta quella meravigliosa intensità di sentimento che invade i tuoi quadri con tono ‘terribile’ e `sublime’; ora è contenuta in temi più intimi, derivati dall’esperienza e dalla prodigiosa immaginazione che riesce a far vivere luoghi cronologici o mnemonici nel modo insieme più intenso e naturale. Quello che identifichiamo non è un virare a destra e a manca, un indossare e dismettere panni poetici sempre diversi, ma la crescita coerente di un grande sentire sempre fedele a se stesso, che ora riesce a esprimere la sua profondità sia in momenti di invasamento poetico, paragonabili a quelli wagneriani o flamenchi, sia in profonde e solitarie riflessioni nate in Ferrara: i personaggi, i miti, i fantasmi. Il confronto può superficialmente far pensare ad un allentamento della tensione ma non vi è niente di più errato che scambiare la profonda sicurezza con la mollezza del sentimento. È la maturità artistica che ti consente di meditare, rivivere, ricreare mentalmente il mondo che rappresenti.

Prima eri artista — e che artista — ora sei poeta: colui cioè che crea il mondo intorno a sé e non si limita a percepirlo, colui che per operare non ha bisogno di stimoli esterni ma si guarda dentro, colui che non rappresenta ma fa musica con i ritmi e le pause dei suoi dipinti.

Questo innalzamento della tua poetica si è accompagnato ad un’evoluzione coerente della tecnica pittorica. Le riconosciute radici tedesche e rinascimentali del tuo prodigioso disegno, fanno da supporto inattaccabile di una composizione che allo stesso tempo, e di conseguenza, si semplifica e diviene più monumentale. Il segno sempre tagliente e sicuro, si esalta nella sua riduzione numerica. Tu hai dichiarato qualche tempo fa: «…la voglia di muovere tutto: questa frenesia del segno e questa irrequietezza, direi anche angoscia, che mi trovo addosso». Questo processo creativo si è interiorizzato e ti permette di costruire la figura di immaginare tutto il suo mondo prima di dipingerlo. Un mondo che così diventa il nostro mondo, quello contemporaneo.

Non poteva essere altrimenti, a chi se non a Firenze, la tua Firenze, potevi dedicare questa fase di grande felicità creativa?

Vorrei stare ancora a parlare di un’opera che, come avviene raramente, si impone con tanta violenza e allo stesso tempo permette così diverse profondità di lettura; ma mi limito a ringraziarti dell’amicizia e dell’opportunità unica di scrivere, per la prima volta, di un artista del tuo livello.

22 giugno 1995
Alessio Monciatti

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